A contatto con Dio: la danza dei dervirsci

di Massimiliano Raso

In un epoca dove l’armonia tra gli esseri umani sembra impossibile da raggiungere, la danza può suggerire delle soluzioni, più di quanto si possa immaginare, in termini di amore e pace? “… sii come la terra nell’umiltà, sii come il mare nella tolleranza, qualunque cosa tu sia, sii come appari.” E riecheggiano nell’aria le parole del saggio Jalaluddin Rumi, il fondatore del corpo dei Dervisci Rotanti, vissuto in Persia nel XIII secolo, che in parte ha contribuito a creare un clima di fratellanza attraverso la sua personale visione mistica del mondo: “Molte strade portano a Dio. Io ho scelto quella della danza e della musica. Non a caso in Turchia, per ricordarlo, lo si festeggia per moltissimi giorni. Conosciuti con questo nome, i dervirsci sono dei mistici vestiti di tunica bianca che piroettano impetuosamente su se stessi, spesso in uno stato di trance, fino a raggiungere l'estasi. Ma perché questi danzatori spirituali attuano una geometria coreutica così vorticosa? E’ probabile che ci sia un forte richiamo alla simbologia del cerchio, antico segno di riconoscimento sacro, un richiamo alla terra, alle stelle, ai pianeti. I dervisci praticano il Sufismo, una dottrina e disciplina di perfezionamento spirituale incentrata sul contatto diretto con Dio attraverso l'estasi e la meditazione. Dall’Arabo “lana”, si alluderebbe al materiale del saio indossato dai primi asceti, anche in segno di rinuncia alle vanità della Terra. Un derviscio è “colui che cerca il passaggio”, l’entrata che porta dal mondo materiale al mondo spirituale”. Ma in cosa consiste, all’atto pratico, questo movimento che mette vertigine solo a guardarli i ballerini roteanti? L’assetto coreografico avviene su di una musica ipnotica che somiglia quasi ad una preghiera, al limite tra ritualità e invenzione scenografica. Alcuni rimandi mettono soggezione per l’incedere della musica, gli sguardi e l'espressività dei corpi contemplativi, per non parlare dei simboli quali l’alto copricapo a cilindro nero o marrone o il cerchio dell'ampia gonna, l’uso di eccitanti come il caffè. Una danza pensata con il cuore e realizzata con il corpo in movimento roteante che può trovare completezza attraverso l’emozioni, abituandosi ad un particolare esercizio interiore, alla riscoperta del trascendentale. Insomma, dopo secoli di storia la danza dei dervirsci testimonia la stessa voglia di libertà in cui donne e uomini possono incontrarsi per danzare insieme tutta la purezza di un misticismo coreico senza tempo. Allora dobbiamo riflettere sul valore della poesia e della pace se Rumi, il poeta dell’amore, ha dedicato gran parte della sua vita tra meditazione, musica, canto e danza riuscendo a costruire quel ponte tra mondo islamico e occidentale, più che mai attuale, che valica le barriere culturali, linguistiche e religiose. C’è riuscito, forse, grazie alla potenza di Dio, grazie alla forza della danza, grazie alla buona volontà degli uomini.

Viaggi della Cultura